Con il Decreto Salva Casa (D.L. 69/2024), il legislatore ha notevolmente semplificato le procedure legate al cambio di destinazione d’uso degli immobili. Modificare la destinazione d’uso di un immobile significa cambiare la funzione per cui lo stesso viene utilizzato. Un esempio pratico è rappresentato dalla trasformazione di un immobile adibito a uso ufficio (categoria catastale A10) in uno destinato ad abitazione (categoria catastale A3), o viceversa.
Si tratta di operazioni piuttosto rilevanti, in quanto permettono ai cittadini di riconfigurare il proprio patrimonio immobiliare in base alle esigenze attuali. La normativa, improntata su una maggiore flessibilità, agevola questi cambiamenti e promuove la riqualificazione urbana, favorendo interventi mirati che rispondono alle mutate necessità sociali e territoriali.
Il Decreto Salva Casa, convertito in Legge n. 105 del 24 luglio 2024, ha apportato modifiche sostanziali all’art. 23 ter del T.U. edilizia, ridefinendo il concetto di cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante. Questo cambio consiste nell’assegnazione di un immobile a una diversa categoria funzionale, che la normativa suddivide in cinque grandi gruppi:
- a) residenziale (comprendente abitazioni, studi professionali e affittacamere);
- a-bis) turistico-ricettiva (ad esempio alberghi e altre strutture con vocazione ricettiva);
- b) produttiva e direzionale (come industrie, laboratori artigianali, officine, imprese edili e magazzini);
- c) commerciale (inclusi bar, pub, negozi e ristoranti);
- d) rurale (vi rientrano immobili destinati a produzioni agricole, allevamenti, vivai, boschi, abitazioni rurali e agriturismi).
Il cambio di destinazione d’uso, con conseguente passaggio dell’immobile da una categoria funzionale a un’altra, può comportare significative differenze relativamente agli oneri urbanistici. Ad esempio, destinare un immobile a un uso commerciale può essere più costoso rispetto a un uso residenziale, anche in assenza di variazioni alle metrature e ai volumi.
Il Decreto prevede che il cambio di destinazione d’uso venga considerato “senza opere” quando non sono necessari interventi edilizi oppure quando questi rientrano nelle tipologie elencate nell’art. 6 del T.U. edilizia.
La nuova disciplina ha introdotto una distinzione tra i cambiamenti orizzontali (all’interno della stessa categoria funzionale) e quelli verticali (tra categorie funzionali differenti), come delineato dai commi 1-bis e 1-ter dell’art. 23-ter:
- variazioni all’interno della stessa categoria funzionale: sono sempre consentite, indipendentemente dall’esecuzione di opere edilizie, purché rispettino le normative di settore e le eventuali disposizioni specifiche degli strumenti urbanistici comunali. Tali modifiche non comportano oneri aggiuntivi, poiché urbanisticamente omogenee;
- cambiamenti tra categorie funzionali differenti; questi sono permessi a condizione che:
- le unità immobiliari siano situate in zone specifiche, come quelle identificate dall’art. 2 del D.M. 1444/1968 (zone A, B e C) o equipollenti;
- vengano rispettate le normative di settore e le ulteriori condizioni fissate al comma 1-quater dell’art. 23-ter;
- si ottemperi alle prescrizioni urbanistiche comunali.
Da sottolineare che tali cambiamenti non richiedono l’individuazione di nuove aree per servizi di interesse generale, né il rispetto delle dotazioni minime obbligatorie di parcheggi. Tuttavia, in molti contesti urbani, questa disposizione potrebbe aumentare il carico urbanistico, con il rischio di aggravare la già critica carenza di aree verdi e spazi di sosta.
Per quanto riguarda gli immobili situati al primo piano fuori terra o nei seminterrati, la possibilità di cambiare la destinazione d’uso dipende dalla legislazione regionale. Le normative locali possono, infatti, individuare specifiche zone in cui tali variazioni sono sempre consentite per queste tipologie di unità immobiliari.
Una delle principali innovazioni introdotte dal Decreto Salva Casa riguarda i titoli abilitativi necessari per effettuare il cambio di destinazione d’uso:
- nella stessa categoria funzionale è sempre richiesta la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), anche in assenza di opere edilizie;
- tra categorie funzionali diverse il titolo abilitativo dipende dalla natura delle opere edilizie previste. Tuttavia, qualora basti una CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata), è comunque obbligatoria la presentazione della SCIA.
In precedenza, il titolo necessario variava in base alla tipologia di intervento edilizio, richiedendo alternativamente il permesso di costruire, la SCIA o la CILA. Con la nuova normativa, invece, il procedimento è semplificato, poiché la SCIA diventa l’unico titolo abilitativo richiesto.
Le Regioni sono tenute ad adeguare le proprie leggi ai principi sanciti dal nuovo art. 23-ter del D.P.R. 380/2001, che trovano comunque diretta applicazione. Esse mantengono, tuttavia, la facoltà di prevedere ulteriori livelli di semplificazione.
In mancanza di disposizioni regionali o comunali divergenti, il cambio di destinazione d’uso per interi immobili all’interno della stessa categoria funzionale è sempre possibile, a patto che vengano acquisiti i titoli abilitativi necessari, secondo le modalità previste dalla normativa nazionale.
In conclusione, il Decreto Salva Casa rappresenta un passo avanti significativo verso la semplificazione amministrativa, ma pone anche sfide di gestione urbanistica, che dovranno essere affrontate con attenzione per garantire un equilibrio tra flessibilità normativa e sostenibilità territoriale.